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Mi pare che lei abbia colto tanti punti critici della questione, a partire dal fatto che la collaborazione civica richiede il cosiddetto “combinato disposto” della conoscenza e competenza dei cittadini con la professionalità dei politici e degli amministratori.
Tuttavia cultura e sapienza sono necessarie ma non sufficienti a garantire quella saggezza che, ad esempio, avrebbe evitato i crolli della civiltà europea nei conflitti mondiali del ‘900.
E la crescente complessità delle società umane, combinata con la crisi ambientale, ad opera di uno sviluppo scientifico e tecnologico sproporzionato rispetto a quello morale, che indulge in armamenti e conflitti letali per l’umanità, richiede l’utilizzo di strumenti e metodi straordinari.
Metodi, come HoloCity, che possono apparire utopistici, per l’illusione di poter proseguire con l’attuale andazzo, e strumenti, come l’intelligenza artificiale, necessari per semplificare la gestione “glocale” delle risorse materiali ed umane.

Pensare “globalmente” non esime dall’agire “localmente” che, nel nostro caso, significa pensare a una Milano da 15 minuti, trasporti pubblici, edilizia e ristoro sociali, servizi civici a valore aggiunto, come rete civica e dati aperti, ecc.
Per cui è necessario sostenere la transizione digitale, non solo a livello infrastrutturale ma anche umano, maturando oltre la competenza una consapevolezza dei nostri diritti, verso la Pubblica Amministrazione ed il Mercato.
Ma tutto ciò non sarebbe sufficiente se non si tornasse insieme a privilegiare welfare (anche digitale) e servizi condivisi, rispetto a decenni di ossessione ordo liberista, per le nostre tasche e proprietà.