Dalle piume di struzzo al piumino d'oca. Via l'Urban Center dalla Galleria e spazio alla griffe

C'era una volta in Galleria, davanti a piazza Scala, un caffè ritrovo alla moda. Si chiamò Gnocchi, poi Gambrinus, poi Grand'Italia. Era la vetrina della Bella Epoque, con dame avvolte in svolazzanti scialli di piuma di struzzo, servizio al tavolo raffinato e musica. Ci si andava prima e dopo gli spettacoli, l'opera alla Scala, la drammaturgia al Manzoni. Vi sostavano i grandi artisti del Novecento, gli amministratori comunali, gente di finanza e gente comune. Era il preferito di Ernest Hemingway, ce lo racconta con affetto in "Addio alle Armi" e stima per il maitre che gli serviva i suoi piatti preferiti. Negli ultimi decenni del secolo scorso venne trasformato in un riferimento per la cultura della città, dove parlare di Milano, della sua gente, del suo territorio e in punto informativo per i turisti. Un luogo in perfetta collocazione, l'ultimo spazio d'incontro rimasto pubblico nel salotto ambrosiano. 

Basta! basta cultura.

Ci vuole un altro shopping center per le griffe d'alto bordo; sicché a breve verosimilmente Urban Center chiuderà definitivamente i battenti; non più le piume di struzzo (beh, i tempi sono cambiati, vivaddio), non più il salotto per la cultura cittadina.

Spazio ad altri piumini, d'oca questa volta, per ben figurare sui campi di sci (così pare, dalle notizie giornalistiche). 

Ci viene detto, per tranquillizzarci, che riaprirà i battenti alla Triennale. Già, ma la Triennale è di per sé, da sempre, il luogo per la cultura urbanistica, e l'apporto di questo spazio non sposterà di nulla o quasi la capacità operativa della grande istituzione d'architettura, design, urbanistica.

In compenso Urban Center in Galleria non ci sarà più. Il Comune si porterà a casa un nutrito piatto di lenticchie, il lucroso canone di affitto annuale dello spazio.

Ma per tutti noi altri? Piume. Va bene così?