La rinuncia di Gherardo Colombo
La candidatura di Colombo è nata come risposta estemporanea al vuoto della proposta politica come visione e partecipazione collettiva per il futuro di Milano. Da questo punto di vista, non è dissimile, se non per la qualità indubbia della persona, dalla candidatura dei manager che coprono oltre al vuoto politico anche gli interessi consociativi e finanziari. Che la candidatura di Sala esca dai grandi salotti e dalle stanze di Palazzo Chigi non è così diverso, nella sua logica, dalla candidatura di Colombo che esce da piccoli salotti se pur specchiati. Uscire dalle gabbiette identitarie della marginalità prepotente richiede un atto di apertura e di generosità capace di andare oltre i piccoli perimetri ideologici e antropologici. Chi non vuole la ridotta marginale del voto-contro, chi non vuole essere ridotto a elettore/spettatore del voto utile deve generosamente mettersi in gioco uscendo dal suo particolare e avendo il coraggio di rischiare, mettendosi in relazione con culture e linguaggi differenti dal proprio. Colombo e chi l'ha proposto non si sono assunti il rischio. Probabilmente torneranno al voto utile come quando hanno appoggiato la Balzani nelle primarie del PD e di Sala. Questa non è una responsabilità minore di chi sta nei piccoli perimetri identitari e cala da Roma o da Bruxelles il candidato.