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Inviato da avatar Roberto Maria Pittella il 28-10-2024 alle 22:55

I CLASSICI E L’ESCURSIONE IN MONTAGNA

 

Care amiche e cari amici, qualcuno di voi mi ha chiesto il perché dei riferimenti ai “classici” nel corso dell’esposizione. Rispondo molto volentieri.

Quello che ho inteso proporre agli ascoltatori in questa relazione (così come in altre) è paragonabile ad un’escursione in montagna. Ora, penso che quando si propone un’escursione in montagna i partecipanti desiderino e si aspettino di gustare anche (se non soprattutto) il percorso, e non solo il panorama finale. Credo che si aspettino di poter di volta in volta vedere, ascoltare, odorare o toccare  nel corso del tragitto scorci, erbe, piante, fiori, animali, corsi e specchi d’acqua, cascate, fattorie, rifugi e via dicendo. Il piacere e l’utilità dell’escursione stanno anche, anzi soprattutto, nel gustare il cammino che porta alla meta e non solo nel punto d’arrivo.

Ecco… Nel caso di un’indagine di tipo filosofico il “percorso” seguito è ancor più rilevante ed i riferimenti ai classici corrispondono proprio ai vari momenti e passaggi di questo itinerario: da un lato alle bellezze ed ai piaceri di cui sopra, ma dall’altro anche all’insieme di strutture con cui altri prima di noi hanno attrezzato e reso più sicuro il cammino (segnavia, scalette, corrimani, ponticelli, parapetti, corde fisse e quant’altro). In altre parole, i riferimenti ai classici (quando effettuati in modo appropriato) sono da un lato un piacere: chi non gode di un bel brano di Aristotele, di Seneca, di Erasmo, di Spinoza, di Pascal, di Kierkegaard o di Sartre? Ma dall’altro lato sono anche degli aiuti importantissimi nella ricerca delle risposte alle nostre domande.

Stiamo attenti: non si tratta certo qui di ripristinare un obsoleto “principio di autorità”, ma piuttosto di saper utilizzare (laddove ancora validi) i gradini precedenti della ricerca per aggiungerne altri più aggiornati. E più volte, nel corso dell’esposizione, abbiamo avuto modo di sperimentare l’utilità e addirittura l’attualità di certi pensieri dei classici.

Ma poi è anche una questione di correttezza metodologica: non sarebbe serio e rigoroso (soprattutto laddove si tratti, come in questo caso, di rispondere a delle domande) proporre di saltare immediatamente alle conclusioni senza giustificarle, senza mostrare l’itinerario ed i procedimenti che hanno condotto ad esse (e ciò vale anche per altri ambiti del sapere: non solo per la filosofia).

Per dette ragioni ritengo quantomeno opportuni, se non addirittura necessari in una trattazione di questo genere i riferimenti ai classici fatti in modo appropriato. Tale, almeno, è il mio modo di vedere o se preferite, il mio “stile”.

R.M.P.

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