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Mi permetto di inserirmi nel dibattito per specificare che, sebbene il titolo possa ingannare, il messaggio che il corpo dell'articolo vuole inviare è proprio che la battaglia non è dei "ciclisti" per i "ciclisti" (parola che non mi piace perché, come dice lei, alimenta la costruzione di categorie univoche e antagoniste quando in realtà siamo solo tutti persone che si spostano con tanti mezzi diversi, alcuni più di altri), ma una battaglia di e per tutte quelle persone che vorrebbero una città più a misura di persona.
Si parla infatti di come il movimento cicloattivista nel tempo si sia focalizzato sempre meno sul "mezzo" e sempre di più sullo "spazio", con la richiesta di renderlo meno automobilizzato e più adatto alle persone (ci si batte per più sicurezza nelle strade ma anche, ad esempio, per più spazi di gioco per i bambini).
Ma si parla anche di come, anziché lottare ognuno per il proprio micro-tema (bici, ambiente, donne, diritti dei rider ecc.) sarebbe più efficace unire le energie per un movimento più trasversale per una "città delle persone".
Ci tenevo giusto a precisare questo, che ritengo importante :)
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