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Devo ammettere, ho passato abbastanza tempo nel giorno di Santo Stefano, a leggere i post su Facebook che molti hanno condiviso a commento del documentario trasmesso l'altro ieri sera (Natale) da “RAI Uno” dedicato a Milano e condotto da Alberto ANGELA.
Devo anche ammettere che mi sono divertito a constatare l’opzione fiorentina che ha colpito i cittadini social milanesi, che si sono divisi in novelli Guelfi e Ghibillini nel giudicare la trasmissione. Indicare due fazioni avverse nel periodo basso medioevale non è una osservazione riferita alla contrapposizione, ma bensì al periodo storico.
Entro nel merito.
Chi ha criticato il documento audiovisivo davvero si è genuinamente sorpreso del risultato? Suvvia, chi è stato colpito dalla patinata confezione e dalla parziale narrativa sono coloro che, in totale evidenza, non hanno mai seguito i programmi di Angela figlio e si è dimenticato persino che la produzione RAI è quella del primo canale, storicamente più politically correct (per non usare altri termini più forti).
Di converso, quello che colpisce, ma non sorprende, sono i commenti entusiasti della trasmissione, espressi da coloro che si sono affannati ad osannare un prodotto che è nel solco della loro narrativa, del racconto di una Milano luccicante che non è più spudoratamente da bere, ma da mangiare.
Come possiamo criticare Alberto Angela e la RAI, loro fanno il loro, come esattamente fanno il loro coloro che osannano ogni prodotto comunicativo che racconta la “loro Milano”, quella parziale, quella che a cadenza quasi decennale deve prepararsi per i grandi eventi. Prima l’EXPO e domani le Olimpiadi invernali, nel mezzo riqualificazioni degli scali ferroviari e la dismissione dello Stadio Meazza, il tutto frutto di esigenze che rispondono ad una evidente sollecitazione del sistema di mercato speculativo.
Mentre c’è un’altra Milano che langue e che ospita la stragrande maggioranza dei cittadini che ormai non aspetta nemmeno più risposte e conseguentemente non rivendica nemmeno più il diritto democratico di aderire al suffragio universale. Si astengono di fronte all’astensione degli amministratori di questa città di operare per il bene comune, per i beni comuni.
I post che decantano Milano, quella descritta da Angela figlio, sono la dimostrazione concreta, di quanto sia pericolosa l’ignoranza delle persone colte.
Ignorare quali siano i meccanismi urbani di una città, ignorare quanto sia fondamentale conoscere l’urbano per poi governare al meglio il territorio è il vero problema della città milanese, poiché genera demarcazioni e confini fisiche, sociali e culturali.
Il documentario di Angela figlio non ignora ciò che la sub cultura imperante nella città gli ha indicato da decenni. Non possiamo stupirci, ma dovremmo chiederci, con lucida attenzione, quali possano essere gli strumenti per fermare questa continua “evoluzione parziale”, che provocherà tra non molto tempo una implosione globale, frutto dallo sfilacciamento sociale e civile di una città a doppia velocità.
Lo sviluppo metropolitano di Milano e la sua auspicabile metamorfosi è di quanto più “antiurbano” possa esistere.
Chi amministra Milano, da anni pensa di poter rappresentare un modello, unici in Italia, che incarni il paradigma del pensiero occidentale, nel pieno della crisi di quest’ultimo. Lo fa inopinatamente, cercando di farci credere ancora che la qualità della vita non sia più legata alla “città medio piccola”, fallendo clamorosamente, poiché Milano sta perdendo cittadini che cercano conforto proprio nei territori provinciali.
Personalmente, con alcuni amici e il supporto concreto e decisivo della UIL nazionale, abbiamo realizzato un docufilm dal titolo eloquente “L’altra Milano”. Pensate che questa testimonianza, realizzata e prodotta con cura e professionalità avrà spazi nella comunicazione generalista? Non abbiamo utilizzato il grande attore Giannini o intervistato Ibra e Zanetti, ma abbiamo dato voce ad immagini eloquenti sulle condizioni strutturali delle periferie di Milano, ma soprattutto abbiamo dato voce ai cittadini, quelli che citavo prima, quelli che si astengono e che sono stanchi di chi è impegnato a costruire steccati e solchi perimetrali sempre più profondi, in pieno stile Medioevo, altro che “Dolce & Gabbana”.
Vedete, la trasmissione di Angela figlio è un ottimo prodotto, impregnato di storia. E la storia non è tale se non ha in sé la proiezione del futuro.
Noi, con “L’altra Milano” abbiamo cercato di raccontare la storia, ma quella che non può essere considerata tale, poiché senza futuro. Il Medioevo della diseguaglianza e degli oppressi, altro che l’accoglienza avuta da Ibrahimovic, esempio meno evidente da rappresentare per una “Milan col cor in man”.
Peccato che qualcuno non abbia creduto fino in fondo a ciò che poteva rappresentare il nostro docufilm, ma non demordo, non demordiamo…
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