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Inviato da avatar Attilio Paparazzo il 05-12-2022 alle 22:07

Pensare la Scuola vuol dire metterla al centro dell’attenzione di chi la fa e di chi ha il compito di governarla, un’operazione non facile perché trascina altri importanti significati sui quali è facile registrare passione e amore, ma anche ignobili propositi. Innanzitutto dobbiamo verificare se è condivisa la missione che i costituenti assegnarono alla Repubblica con il secondo comma dell’art. 3: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."  In queste parole c’è un esplicito mandato, la scuola è la principale istituzione a cui è affidato il compito, nelle prime età della vita di ragazze e ragazzi, di operare per la libertà e l’uguaglianza di tutte e tutti al fine del pieno sviluppo della persona umana.

La scuola nel nostro paese non assomiglia per niente a quello che la Costituzione indica, malgrado gli sforzi di persone eccezionali che mantengono in vita quelle aspirazioni, la scuola rimane  per la politica nazionale e per gli amministratori locali un problema fastidioso, sul quale non si misura il consenso dei cittadini, non se ne richiedono i voti.

Poi c’è anche una debolezza intrinseca per la scuola militante, da oltre trentanni si è arrestata quella spinta all’autoriforma che consentì la nascita degli Organi Collegiali, i modelli sperimentali e di tempo pieno, l’inserimento della disabilità, le 150 ore ecc. sempre sulla spinta di maestri come Mario Lodi, Lorenzo Milani e molti altri.

Cosa è utile fare per invertire questo stato di cose?  E’ necessario analizzare e descrivere i problemi che impediscono alle nostre scuole di esercitare la funzione costituzionale che è stata assegnata. Se è il caso denunciare le responsabilità amministrative e politiche di chi gli ostacoli li mette, non li toglie. Poi occorre riconoscere la necessità di una politica scolastica sul territorio che sia di supporto agli istituti e consenta di riunificare le rivendicazioni e superare la reciproca concorrenza tra istituti introdotta con l’eliminazione dei bacini d’utenza. Occorre migliorare gli strumenti di analisi sugli insuccessi scolatici per poi avere la forza di fare le proposte capaci di promuovere un vero cambiamento.

E’ auspicabile che nel dibattito che si vorrà avviare su questi temi ciascuna/o pensi la scuola a partire dalla propria esperienza, cittadino o lavoratore della scuola, studente o amministratore, sindacato o partito che sia.

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