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Grazie Giorcelli della sua risposta.
Sì Giorcelli, non bisogna confondere le polveri sottili con l’effetto serra e certo non volevo mettere sullo stesso piano le due cose, preme mettere in luce, la mancanza di una visione d’insieme che mette in risalto delle questioni sulle quali potremo discutere indeterminatamente. Resta sullo sfondo una città che è immersa in un territorio ma che si considera un unicum (nonostante si parli di una Città Metropolitana che ha una vision) e che, nonostante l’evidente antropizzazione estesa, continua a pensare a se, imponendo agli altri la solita storica dipendenza, che identificherei come vassallaggio.
Per restare in tema, mi viene da dire che l’intento di ridurre le polveri sottili applicando la strategia della disincentivazione all’uso delle auto è del tutto comprensibile, anche rapidamente assimilabile da parte della cittadinanza con un divieto, la quale viene indotta a cercare soluzioni alternative, al tempo stesso, validi sistemi di spostamento da A → B. Questo è stato attuato tramite area C e successivamente area B, mediante l’applicazione della legge “pro domo sua”. Se pensassimo a tutelare sia il ciclista che l’automobilista (o si pensa che uno dei due debba cessare di esistere?), faremmo queste scelte?
Eppure sono entrambi due tipi di cittadino milanese, apparentemente aventi gli stessi standard di attenzione.
Il mio punto di vista è questo.
L’idea di ridurre le carreggiate con delle piste ciclabili, senz’altro ammesse dal C.d.S ma sconsigliate per esempio dalle linee guida delle Reti Ciclabili (Polinomia Srl Milano), trova un senso rispetto ai costi e in ordine al rango (la bicicletta è un mezzo), oltre che in alcuni casi in cui non si possono fare piste dedicate al fine di garantire una continuità tra zone diverse, ma non tiene in considerazione l’aspetto della frequenza di transito, che si sa essere un elemento di valutazione importante per capire cosa e come fare. Su strade urbane milanesi dove si superano in determinati orari, valori di 4000v/h, una pista ciclabile in linea e ai bordi della carreggiata, rappresentano un limite di transitabilità che induce rallentamenti con conseguente rilascio maggiore di polveri sottili e certo mette in discussione l’apparato respiratorio del ciclista, il quale necessita di un fabbisogno maggiore di ossigenazione polmonare, oltre a maggiori quantità di polveri sottili, insomma l’uno danneggia l’altro innescando una sorta di paradosso.
E finisco, visto che è questo l’orientamento di tutte le città europee, dal quale non è ipotizzabile un’inversione utopistica di una città senz'auto, dunque per molti anni ancora convivranno le auto con le biciclette in promiscuità, che si cerchi a Milano di:
- Ossigenare le vie con gli alberi e il verde, con la messa a dimora di piante aventi funzione clorofilliana alta e un’alta capacità anche di ombreggiamento (sempre verdi e a foglia).
- Incoraggiare lo studio di vie ciclabili più che di piste ciclabili, cercando di portare la bicicletta nelle vie secondarie dove i flussi motoristici siano bassi (anche attraverso una segnaletica al fianco delle strisce blu, lato carreggiata, visto che è ammesso dal CdS).
- Studiare un concetto di semaforizzazione temporale, in cui s’interrompa la ciclabilità quanto il livello di smog e il flusso veicolare, su una strada a uso promiscuo, superano un certo valore.
- Applicare almeno la banda sonora tra la carreggiata e la pista ciclabile (formidabile dissuasore).
- Asfaltare le strade a uso promiscuo, con l’asfalto "mangia smog" (questo anche per ridurre l’inquinamento tout court)
I costi vanno previsti oppure non si fa niente in attesa di progetti meglio armonizzati con il contesto, e giacché c’è solo da presentare progetti di massima per accedere ai fondi europei (naturalmente sensati e correttamente impostati), che si facciano progetti anche ambiziosi, in modo da presentare un pacchetto di richieste finanziabili per fare qualcosa di più adatto alle diverse sensibilità della cittadinanza, oppure si è autorizzati a pensare che questa laboriosità sia legata a una strategia propagandistica "del fare a prescindere" per lenire i mal di pancia di una parte della cittadinanza.
Gianluca Gennai
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