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Gentile Sig.Vinti buonasera;
Lei ha ragione, il Suo moto al luogo è del tutto condivisibile.
Sono da sempre favorevole ai movimenti civici e alla partecipazione che parte dal basso, quando l’attività lavorativa me lo consente, partecipo e cerco di portare le persone alla partecipazione diretta, sia attraverso i comitati sia attraverso l’interessamento agli argomenti che caratterizzano la vita del quartiere dove abito e mi diletto nell’aiutare quanta più gente possibile che si impegna per migliorare la zona dove vive.
Tuttavia vedo molte criticità nell’attuazione della forma partecipata alla vita politica della città e della propria zona.
Alcuni esempi di difficoltà oggettive:
molte persone lavorano anche fuori Milano, come possono prendere parte ai consigli di zona normalmente convocati il venerdì pomeriggio o una sera infrasettimanale ?
Poniamo una convocazione in consiglio CDZ8 alle 21.00, chi deve utilizzare i mezzi pubblici partendo da Quarto Oggiaro, deve partire da casa alla 19.00.
Intanto dovremmo partire dalla riorganizzazione degli incontri con la cittadinanza, spostando le adunanze e i consigli al sabato e alla domenica senza indurre il cittadino a doversi prendere un permesso.
Altro ostacolo è la lontananza della sede dei CDZ rispetto ad alcuni quartieri della zona di appartenenza, da qui la difficoltà ad essere raggiunti con i mezzi pubblici.
La soluzione potrebbe essere ( come già scritto ) il decentramento dei CDZ , individuando spazi appropriati più vicini alla gente, organizzando più incontri a cadenza settimanale, tramite un delegato che potrebbe incontrare i cittadini con continuità.
Il vettore " partecipazione " deve essere invertito, è il politico che deve andare nelle case della gente, facendosi sentire vicino ai loro problemi anche fisicamente.
Altro problema:
quando le persone si recano al CDZ, spesso non riescono a parlare per problemi di tempo, di solito sono molti gli interventi e non c’è spazio per tutti. Potrebbe invece essere utilizzato uno spazio dedicato all’incontro pubblico dove poter aprire dibattiti stile Agorà, con la piena partecipazione della cittadinanza.
Altro aspetto è il linguaggio, non sempre facile e comprensibile per le persone non abituate a certi lessici tecnici riferiti al mondo istituzionale, il famoso " politichese " che ancora è in uso nell’ambiente come d'altronde avviene nei vari settori professionali, anch'esso rappresenta un ostacolo..
Queste banali difficoltà creano distanza, diffidenza, assenza.
Ben inteso che probabilmente Lei appartiene alla categoria dei cittadini impegnati direttamente nel tentativo di cambiamento, per questo ancor più sensibile e attento alle difficoltà di base che negano la partecipazione diretta, praticamente alla maggior parte dei cittadini.
Provi a fare un esercizio di configurazione del suo cittadino ideale, le propongo un prototipo: penso debba essere partecipativo, costruttivo, pro-attivo, con capacità dialettiche per comprendere a farsi comprendere, che abbia una visione positiva, che disponga del tempo da dedicare al bene comune, onesto, di età compresa tra i 25 ed i 65 anni, tendenzialmente sovversivo ( nel senso buono della parola ), non leader, possibilmente abnegante, liberale.
Provi poi a fare una statistica nei quartieri dove maggiormente insistono i problemi e poi faccia una comparazione tra il Suo ideale ed il cittadino reale.
Resto del parere che ci sia ancora molta strada da fare per annullare le distanze, e che lo sforzo maggiore debba essere fatto dalla politica ( quella buona ) versus i più lontani, quelli che oramai non aprono più neanche le finestre e tanto meno la porta, sono del tutto distaccati dalla vita che urla fuori dal portone di casa.
Lei pensa che i Suoi e i miei post arrivino nelle case della gente che staziona sui divani a guardare la televisione nella maggior parte delle ore di relax ?
Mi creda, quelle persone, se vuole raggiungerle deve andare a suonargli il campanello.
Nuovi modelli sono oramai stati attuati dalla politica che in qualche modo si è adeguata alle tendenze del momento, ma nessuno ancora ha avuto il coraggio di attuare davvero dei cambiamenti apicali al modo di gestire i rapporti con il cittadino e con le periferie.
I cambiamenti della società che da una parte sollecita l’integrazione e dall’altra denuncia la sottomissione, condizionano il modo di gestire le periferie, da qui la necessità di fatti concreti in termini di finanziamenti declinati al cambiamento anche architettonico dei nuclei abitativi, degli spazi comuni, della connettività pubblica con le altre parti della città e non solo con il centro, occorre ripensare al sistema ferroviario ispirandosi alle grandi metropoli europee nel senso circolare e non solo verticale, andare da periferia a periferia, garantire tempi ragionevoli agli spostamenti per lavoro, costruire teatri, portare la cultura decentrando alcuni dei grandi appuntamenti delle stagioni teatrali, dopo aver fatto ciò, forse, il cittadino sarà più partecipativo.
Le rivoluzioni sono da sempre inspirate da movimenti intellettuali a patto che questi poi si mescolino con la gente.
Ancora un appello ai candidati: una volta eletti, spendete bene quella parte dei 500 milioni di euro che verranno a Milano per le PERIFERIE e fateci partecipare ai progetti.
Va da se che saremo vigili rispetto a questo.
Gianluca Gennai
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