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Negli anni passati un ampio dibattito ha coinvolto tutti noi: vendere o non vendere i beni confiscati? Il Comune non può vendere i beni lui assegnati, al massimo li può affittare. La legge in vigore però permette all'Agenzia nazionale dei beni di farlo, attraverso le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Il ricavo viene destinato al mantenimento dei beni, ai fondi per i testimoni di giustizia e al Fondo Unico Giustizia. Quando questa possibilità fu introdotta io e molti altri eravamo perplessi per il rischio che i beni tornassero in mano ai mafiosi o a loro prestanome. Le prefetture dovrebbero evitare che ciò accada. Altro aspetto è legato al forte messaggio che si dà alla cittadinanza quando un bene viene tolto al mafioso e viene destinato a finalità sociali. Si capisce bene e concretamente, che i soldi di chi è stato vittima di usura o di estorsione o frutto dei risparmi di una vita del padre di un ragazzo tossicodipendente, che hanno foraggiato le mafie, tornano alla comunità locale, alle famiglie stesse: un asilo, una comunità, un centro per disabili. Se il bene viene venduto poco o nulla si saprà delle origini di quell'appartamento o di quella villa. Continuo a pensare che sia meglio non venderli. D'altro canto oltre ai beni, vengono sequestrati conti correnti, liquidità. E proprio oggi leggevo su Il Sole 24 Ore che nei primi cinque mesi del 2013 le Fiamme Gialle hanno recuperato altri 5,5 miliardi da sofisticate manovre elusive utilizzando paesi stranieri a fiscalità agevolata. Risorse criminali, evase, riciclate, nascoste l'Italia ne ha molte...
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