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Inviato da avatar Riccardo Rocco il 18-03-2013 alle 15:11

A titolo personale

Fare politica vuol dire fare delle scelte, coerenti, se possibile, con le proprie ideologie  e comunque sempre finalizzate al raggiungimento di un obbiettivo preciso e definito.

Le mie, di scelte, cercano di affermare il principio dell'equità e da quest'idea sono sospinte. Non la solidarietà o la carità, sottendono il mio operare, perché sono convinto che chi “ha” ed è disposto a dividere con altri, non può essere migliore di chi "non ha”. Per paradosso potremmo dire che l’azione solidare e/o caritatevole pone in atto una condizione discriminatoria nei confronti di chi riceve.

L’equità presuppone che tutti si debba avere diritto e libero accesso ad un bene o ad un servizio, modulando le modalità per ottenerlo.

In altre parole chi ha di più  paghi di più di chi ha meno per ottenere quanto entrambi avranno a disposizione.

Poniamoci delle domande:

- Ha senso che l’età anagrafica possa aprire opportunità indistintamente. E’ logico che un sessantaseienne disoccupato abbia agevolazione sulle tariffe dei mezzi pubblici pari a quelle di un coetaneo dirigente d’azienda solo per questioni anagrafiche?

 - E’ giusto che un bambino che abita nel quartiere Pinco non abbia le opportunita d’apprendimento di un altro che vive nel quartiere Palla?

Questa osservazione va declinata non solo ai servizi ma con la stessa logica si può affrontare il tema delle pensioni, ci si può domandare:

- Chi può sostenere che il solo fatto di aver lavorato ti pone nella condizione di  aver garantiti dei diritti, indifferentemente da quanto hai guadagnato con il tuo lavoro?

Se hai potuto accumulare molto è giusto che tu riceva dalla collettività tanto quanto chi non ha avuto la tua stessa opportunità di accumulare ?

Per altro è chiaro che in questa prospettiva l'accesso ai servizi non può essere un diritto acquisito in via generalizzata ma, ancor più in un fase di crisi economica, deve essere inversamente proporzionale alla “capacità“ di contribuire dei singoli soggetti.

Il prezzo dei servizi sarà proporzionale alla capacità contributiva del fruitore al fine di distriduire equamente l'accesso al servizio.

Ora è fin troppo evidente che si debbano indirizzare tutti gli sforzi per migliorare l’offerta del servizio e che sia compito della pubblica amministrazione spendersi perché ciò avvenga, ma mai a discapito di una omogenea diffusione ed eliminando tutte le anomalie preesistenti

Di pari passo la razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse ed il loro contenimento dei costi non può tralasciare di intervenire su errori fatti in passato e mai corretti

Divergendo da questi presupposti, quanto si spaccia per soddisfacimento di un diritto altro non è che mantenimento di un priviegio.

Come dovremmo definire la richiesta di mantenere uno status quo, per altro anomalo rispetto la stragrande maggioranza della norma se entra in conflitto con la volontà di ampliare l’offerta di un dignitoso servizio essenziale.

Io lo definisco privilegio e come tale mi sento di combatterlo senza se, senza ma e senza forse privilegiando un servizio diffuso ad uno puntuale e non ripetibile stante le attuali condizioni.

Oggi combattere una battaglia per mantenere una situazione anomala come quella che è stata creata in via San Giusto contro la volontà di spostare risorse verso l'ampliamento dell'offerta di scuole materne è coprire una situazione di privilegio che non si può più nascondere dietro ad una richiesta di diritto allo studio, perché risulta evidente che quel diritto che si invoca sarà a discapito di altri diritti che non potranno essere soddisfatti.

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