L'ANALISI
Spending review alla milanese
ecco i conti di Palazzo Marino
Mano pesante sulle tasse, ma il Comune spende di più. Grazie a Imu, tassa sui rifiuti e addizionale Irpef, le entrate tributarie sono passate da 1 a quota 1,27 miliardi di euro
di ALESSANDRO DE NICOLA
L'assessore al Bilancio, Bruno Tabacci
Leggere tra le pieghe dei conti comunali non è un esercizio semplice. Il bilancio di previsione va visto alla luce delle delibere su argomenti specifici che la giunta porta all’approvazione del Consiglio comunale: o conosci qualche paziente consigliere o funzionario che ti spieghi come trovare il filo rosso che unisce tutto (e fortunatamente ne ho trovati), oppure il normale cittadino fa fatica ad orientarsi. Anche i prospetti dettagliati sono fatti in modo tale che in alcuni casi si vedono voci azzerate e in altri aumenti enormi dei capitoli di spesa senza capire quali servizi o costi siano venuti a mancare o a esplodere e il perché.
I cittadini, però, hanno il diritto di orientarsi e una delle iniziative più urgenti che questa giunta potrebbe intraprendere è di rendere la contabilità più trasparente: basterebbe l’equivalente della nota integrativa e della relazione sulla gestione che si trova nei bilanci regolati dal Codice civile per un primo passo in avanti. Anzi, trattandosi di soldi pubblici le spiegazioni dovrebbero essere ancora più accurate. Detto ciò, cerchiamo di capirci qualcosa. Il bilancio di previsione 2012 presentato dalla giunta e attualmente in discussione colpisce per un elemento: il simultaneo balzo in avanti delle entrate e delle spese correnti.
Mentre l’austerità sul lato delle tasse è entusiasticamente abbracciata dal Comune, la spending review non è stata ancora tradotta in dialetto meneghino. Infatti le entrate del Comune grazie a Imu, Tarsu e addizionale Irpef volano da 1,02 nel 2011 a 1,271 miliardi per il 2012, non diminuiscono quelle per trasferimenti da altri enti pubblici e, grazie anche ai 413 milioni provenienti dalle banche per l’affare derivati, dall’applicazione di nuovi principi contabili e da una stretta sulle multe, le entrate extratributarie salgono da 1 a 1,73 miliardi. Se contiamo le alienazioni, le riscossioni di crediti e altre voci, il totale degli introiti passa da 3,815 a 5,732 miliardi. La giunta ci è andata pesante: sull’Imu l’aliquota prima casa è lo 0,4 per cento (non si è approfittato della possibilità di dimezzare), quella sugli altri immobili dell’1,06 per cento, il massimo. La tassa sui rifiuti aumenta in media del 21%, ma per i commercianti si eccede il 40%: un vero salasso. Anche l’addizionale Irpef è progressiva fino allo 0,7 per cento per i redditi più alti, un record. In più, opera un meccanismo assai bislacco per il quale se qualcuno guadagna meno di 33.500 euro è esente, se ha un reddito di 33.501 l’addizionale la paga su tutto il reddito, non sulla parte eccedente.
Conviene a Milano scoraggiare la presenza di cittadini benestanti? No, perché sono coloro i quali consumano, alimentano il mercato immobiliare e che comunque bisogna attrarre nella città del terziario avanzato. Peraltro basterà spostarsi di pochissimo per evitare le tagliole: Silvio Berlusconi sarà contento di veder popolate le sue vecchie creature di Milano 2 e Milano 3 da emigrati fiscali... Sotto un altro profilo, l’assessore Bruno Tabacci sta manovrando bene sul lato delle dismissioni delle aziende municipali. I passi in avanti compiuti su Sea sono notevoli, anche perché qualcuno dovrà spiegare agli anziani milanesi perché i sindacalisti aeroportuali preferirebbero tagliar loro i servizi sociali per conservare i privilegi dei loro iscritti dell’aeroporto di Malpensa. Tuttavia anche qui si può fare di più. Per esempio, se ci concentriamo sul lato delle spese, quest’anno la voce “enti partecipati” si è sestuplicata, passando da 2,2 a 13,5 milioni, in gran parte per 11,5 milioni dedicati a interventi per Sogemi, la società che gestisce i mercati generali.
Poiché non è più il tempo dell’Antica Roma e non c’è bisogno del praefectus annonae per distribuire alla plebe il grano delle province, è bene vendere al più presto Sogemi a operatori del settore che la facciano funzionare meglio ed evitino perdite al Comune. In generale le spese correnti aumentano in modo considerevole, da 2,398 miliardi del 2011 ai previsti 2,614 del 2012. È vero che per 44 milioni si tratta semplicemente di una diversa contabilizzazione rispetto al passato o che alcuni costi sono inevitabili: le nuove stazioni della metropolitana e la linea 5 hanno un prezzo. Però è altrettanto vero che non si è intervenuto come si sarebbe potuto in altri ambiti. Sono stati ad esempio destinati 10 milioni per finanziare start up milanesi. Un’iniziativa di politica industriale che, per parafrasare Guido Rossi sul governo D’Alema, aspira di fare di Palazzo Marino l’unica società di venture capital dove non si parla inglese.
I fondi discrezionali per la cultura sono intatti, in quanto il Comune si fa promotore di iniziative, mostre, eventi. Per lo sport si può fare lo stesso discorso della Sogemi: +23 per cento di fondi assegnati, quando MilanoSport potrebbe tranquillamente essere venduta ai privati e far ricavare a Milano soldi preziosi evitando oltretutto di spendere 13,1 milioni come si farà quest’anno. Le iniziative procommercio sono dispendiose e dirigiste; la benevolenza verso certe linee su gomma dell’Atm, mantenute in funzione nonostante lo scarso utilizzo da parte degli utenti, non è giustificabile. L’assunzione di 300 nuovi vigili urbani e 150 maestre d’asilo doveva essere rimandata a tempi migliori o forse mai effettuata. L’aumento degli stanziamenti per i Consigli di zona equivale ad una pioggerella inutile di denaro nel momento in cui si cerca di ridurre il numero e le prebende di chi appartiene alla casta dei politici.
Basta così. Sarebbe ingiusto dare un giudizio totalmente negativo a un bilancio che contiene anche elementi di razionalizzazione, come la riduzione dell’alto numero di dirigenti. Un’amministrazione veramente frugale e lungimirante della città, però, è un’altra cosa.
(15 giugno 2012)