Rispondi a:

Inviato da avatar Attilio Paparazzo il 17-03-2024 alle 14:32

L’intervento di Mino Conte, nel programma di “Un’ora sola ti vorrei”, ha provocato una ricca e interessante discussione; molti consensi, ma anche alcune prese di distanza. (trovi qui la registrazione del suo intervento e del relativo dibattito)

Trovo che quanto ha scritto Teresa Marino ci aiuta a capire la provocazione offerta da Conte e la scossa che ha prodotto in chi ha subito i condizionamenti di un pensiero pedagogico a una sola dimensione.

I consensi nascono da una maturata distanza per quelle linee che enfatizzano il tema della istruzione finalizzata all’occupabilità, all’inserimento di elementi di formazione professionale nell’obbligo scolastico, fino all’appaltare interi segmenti dell’obbligo a "Operose Compagnie" private, sottraendo alla Scuola secondaria il proprio specifico compito istituzionale di promuovere il successo formativo anche per quelle componenti giovanili meno motivate a un percorso di studio tradizionale. Tutte operazioni rese in conseguenza dell’infelice modifica del titolo V della nostra Costituzione di cui non è possibile trattare in questo contesto. Le scelte di politica scolastica conseguenti sono state orientate a quelle confuse indicazioni che il Consiglio d’Europa ha prodotto nel 2006 e poi nel 2018, proposte come "Raccomandazioni", rilette in chiave nazionale anche dalla indigesta legge della "Buona scuola" del 2015.

Diverse valutazioni sono emerse da chi ha utilizzato i concetti chiave proposti, come Raccomandazione dalla commissione europea, pur riconoscendone l’ambiguità di alcune finalità. Il nuovo lessico adottato non ha tuttavia impedito pratiche didattiche virtuose, ispirate alle buone pedagogie di cui la nostra scuola del primo ciclo aveva fatto largo uso a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. L’utilizzo di alcuni concetti quali quelli di competenza, prestazione, traguardi, è forse stato ritenuto opportuno per porre un freno a pratiche didattiche puramente trasmissive e unidirezionali. Del resto la necessità di fare incontrare esperienze educative e di formazione tra insegnanti di vecchia tradizione e di nuova nomina ha favorito il ricorso alle competenze chiave del quadro di riferimento europeo.

Mino Conte ha voluto mettere l’accento sulla necessità di ripulire il linguaggio suggerito da politiche scolastiche influenzate da concetti neoliberisti. Dare quindi attenzione al confronto tra le grandi scuole pedagogiche il cui valore non può essere considerato in modo dispregiativo come inutile esercizio ideologico; la fine delle ideologie viene annunciata in funzione dell’unica ideologia, quella vincente dell’economia di mercato.

Il documento della commissione europea del 2018 è pervaso, fin dal primo paragrafo, da una visione molto ristretta, "acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro"(1). Le transizioni del mercato del lavoro sono rappresentate come orizzonte necessario, prevalente, anzi unico rispetto al quale orientare le politiche dell’istruzione. "Il documento afferma inoltre il diritto di ogni persona a un’assistenza tempestiva e su misura per migliorare le prospettive di occupazione” e assicurare “un sostegno per la ricerca di un impiego". Proposito senz’altro necessario se collocato all’interno di una ricca molteplicità di saperi capaci di offrire una visione larga dei diritti civili e sociali, di libertà, di cooperazione, di uguaglianza delle opportunità, di solidarietà, di Pace, cioè una pedagogia della liberazione da ogni forma di segregazione culturale, sociale e economica.

Il documento della commissione europea taglia corto e raccomanda di sgombrare il campo da teorie della formazione a maglie troppo larghe, l’idea di futuro che propone è schiacciata dalla necessità di mettersi al riparo dall’inesorabilità di un modello di sviluppo che sovverte ogni precedente certezza. È pertanto "necessario che le persone possiedano il giusto corredo di abilità e competenze per mantenere il tenore di vita attuale". Ovvero le condizioni future non garantiscono l’accesso per tutti, il welfare universale è un miraggio, il modello di sviluppo è immodificabile e pertanto la raccomandazione sarà "Sostenere nell’intera Europa coloro che acquisiscono le abilità e le competenze necessarie per la realizzazione personale, la salute, l’occupabilità e l’inclusione sociale contribuisce a rafforzare la resilienza dell’Europa in un’epoca di cambiamenti rapidi e profondi".

Si salvi chi può! La prospettiva che viene rappresentata è quella della resilienza, dell’adattamento alla legge del mercato, una forma di subalternità dei processi, di inevitabilità del declino dell’Europa.

Il concetto di competenza viene abusato senza freni per tutto il documento trasponendolo dal mercato del lavoro al processo di insegnamento/apprendimento. Con grande disinvoltura il documento della commissione europea riconosce che le raccomandazioni adottate nel 2006 da Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea 'Competenze chiave per l’apprendimento permanente' "oggi sono cambiate: più posti di lavoro sono automatizzati, le tecnologie svolgono un ruolo maggiore in tutti gli ambiti del lavoro e della vita quotidiana e le competenze imprenditoriali, sociali e civiche diventano più importanti per assicurare resilienza e capacità di adattarsi ai cambiamenti".

Possiamo scommettere che la nuova commissione, nominata dal nuovo parlamento Europeo (si vota tra poco più di due mesi), troverà le indicazioni del 2018 superate, non adeguate alle sfide che L’intelligenza artificiale ha introdotto. In meno di venti anni avremo bruciato interi repertori di competenze senza aver conseguito un sapere più stabile di un cinguettio di X.

La pretesa che la scuola si conformi all’obiettivo di fornire un prodotto immediatamente spendibile sul mercato del lavoro, attraverso una riduzione dell’area comune degli apprendimenti per fare spazio a quelli tecnici e professionali è un evidente errore che danneggia soprattutto i percorsi tecnici e professionali, sbilanciati dall’obiettivo di un’occupabilità bell’e pronta che assolve le aziende dal farsi carico della propria formazione del personale. Ciò che "produce" la scuola non è e non può essere un prodotto finito; una esperienza di lavoro priva di formazione è sfruttamento.

Il tema 'competenze' ha un senso se impiegato per definire un processo, una sfida che richieda il ricorso a conoscenze, abilità, esperienze, sconfitte, prove ripetute, risultati difficilmente riproducibili in modo seriale.

La competenza non può essere narrata, né esibita. La competenza si esercita in atto, nell’atto in cui la motivazione punta sull’oggetto sconosciuto.

Possiamo quindi auspicare che al termine di un lungo percorso di studio applicato a conseguire abilità e saperi in apprendimenti esperenziali si possa definire l’intero percorso come competenza.

Al contrario non ha proprio senso definire competenze i percorsi che dall’infanzia fino all’adolescenza conducono a conseguire un diploma di maturità. Ha senso definire competenza un buon esercizio di lettura di un testo narrativo? O di agile svolgimento delle equazioni di secondo grado? E via via attraverso una pretesa didattica per competenze che trasforma ogni operazione in un tassello del mosaico?

E’ questo il prodotto di una confusione lessicale che recupera malamente le raccomandazioni della commissione europea, evidentemente orientate a una curvatura economicista del percorso di studio, in un ossessivo processo di scomposizione degli apprendimenti in una miriade di competenze individuali dove la funzione dell’insegnante viene ridefinita in termini di assistente, organizzatore, misuratore, in sostanza un coach dell’apprendimento di ciascuno e di tutti.

In conclusione quanto ha scritto Teresa Marino ci conforta: "Perché allora non sostituire alla didattica per competenze la didattica per complessità, per esperienze, per sedimentazione e interiorizzazione?"

L’uso ideologico del concetto di competenza ha prodotto un uso sclerotico nella scuola di questo concetto utilizzato per definire abilità, conoscenze, esperienze di realtà, prove, percorsi, ecc. L’uso ideologico e quello scolastico possono essere superati recuperando un dibattito libero e non condizionato da finalizzazioni neoliberiste recuperando le tante pedagogie disponibili che il secolo scorso ci ha consegnato.

  • Tutte le citazioni riferite al documento commissione europea sono riprese dai primi 4 paragrafi del documento del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018

Accedi

Devi inserire Nome utente e Password per inviare un messaggio. Se non li hai prosegui inserendo il contenuto della risposta e i dati personali (nome, cognome e email) oppure Registrati

L'accesso a questo sito è possibile anche per gli Aderenti alla Rete Civica di Milano selezionando nel menu a tendina la voce "Aderente della Rete Civica di Milano".

Contenuto della risposta